Wired Italia TikTok è sotto inchiesta in Europa per come tratta i dati dei minori

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TikTok

Foto: Sean Gallup/Getty Images

Problemi di privacy per TikTok. Il Garante irlandese – la Irish Data Protection Commission (Dpc) – sta svolgendo due indagini per questioni legate alla sicurezza dei dati condivisi con l’app, in particolare quelli dei minori.

Alla piattaforma è contestato il trattamento dei dati dei suoi utenti minorenni e la modalità con cui TikTok verifica che l’utente non abbia un’età inferiore ai 13 anni. Non è la prima volta che il Garante irlandese indaga su questioni del genere. Nell’ottobre 2020 ha annunciato l’esame della gestione dei dati personali dei bambini da parte di Instagram, accusata di avere esposto le informazioni di milioni di suoi utenti.

Faro sui giovanissimi​


Sulla facilità con cui è possibile aggirare i limiti di età di TikTok è intervenuto per primo il Garante della privacy italiano, che a febbraio ha bloccato l’utilizzo da parte dell’app dei dati di tutti i profili per cui non era stata ancora verificata l’età. Tra febbraio e aprile, scrive il Garante, a 12 milioni e mezzo gli utenti italiani “è stato chiesto di confermare di avere più di 13 anni” e 500.000 account sono stati rimossi.

L’organo di controllo irlandese sta anche studiando se il trattamento dei dati personali dei bambini è in linea con le leggi dell’Unione europea sul trasferimento di dati personali ad altri Paesi, come la Cina. TikTok è di proprietà della società cinese ByteDance e ha più volte affrontato l’accusa di condividere dati con aziende del Dragone o addirittura con il governo. L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump per questo motivo aveva cercato di mettere al bando l’applicazione che è stata estromessa dal mercato indiano.

La risposta di Tiktok​


L’azienda ha sempre negato queste ricostruzioni e si è anche impegnata a spostare i suoi server fuori dalla Cina. Un data center dovrebbe aprire in Irlanda l’anno prossimo. TikTok ha risposto alle nuove indagini sostenendo che “la privacy e la sicurezza della comunità, in particolare dei nostri membri più giovani, sono la nostra massima priorità.

L’app, che quest’anno è diventata la più scaricata al mondo, in questi mesi ha già apportato una serie di modifiche per cercare di mettersi al riparo da problemi di privacy. A gennaio ha reso privati di default tutti gli account dei minori di 16 anni e ha eliminato milioni di profili di utenti che riteneva avessero meno di 13 anni.

Nella dichiarazione rilasciata in risposta all’apertura delle indagini TikTok ha promesso di rendere le politiche sulla privacy di più semplice lettura “per gli utenti tra i 13 e i 18 anni” grazie a delle sintesi. L’app introdurrà anche una sezione di video sulla privacy dedicata agli adolescenti e chiamata Pillole di privacy.

Il garante all’opera​


Se fosse ritenuta colpevole di un trattamento non conforme, l’azienda rischierebbe una multa fino al 4% delle sue entrate globali. Il Garante della privacy irlandese è il principale regolatore dell’Unione europea per molte delle principali aziende tech del mondo dal momento che hanno la loro sede regionale in Irlanda ed è stato tuttavia più volte criticato negli ultimi mesi per l’entità delle sue sanzioni e per la lentezza nella gestione dei casi che tratta.

Nonostante riceva finanziamenti pari a 19,1 milioni di euro per garantire il rispetto delle misure del Gdpr, l’autorità non spicca per produttività. Come riporta l’organizzazione per la tutela dei dati personali Noyb, nell’ultimo anno su 10mila reclami presentati, solo 6 o 7 hanno ricevuto una decisione formale: meno dell’1%.

Lo scorso mese il Garante ha multato WhatsApp di Facebook per la cifra record di 225 milioni di euro per violazione del Gdpr. Inizialmente la multa comminata a marzo era molto meno ingente, ma l’organo è stato costretto a rivedere la sua decisione dalla Commissione. I 225 milioni di sanzione rappresentano comunque solo lo “0,08% del fatturato del gruppo” e non il 4%, come ha sottolineato Max Schrems, avvocato austriaco per i diritti digitali e fondatore di Noyb. Alla fine dell’anno scorso il garante aveva in corso 27 inchieste internazionali e 14 di queste riguardavano Facebook e le sue società.

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