Wired Italia Lo spyware Pegasus ha spiato giornalisti e attivisti in tutto il mondo

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Spyware Pegasus

(foto: Unsplash)

Un’indagine condotta parallelamente da 17 media internazionali ha rivelato che giornalisti, attivisti per i diritti umani, avvocati e politici di tutto il mondo venivano spiati da governi autoritari attraverso lo spyware Pegasus, prodotto dall’azienda di sorveglianza israeliana Nso.

Pegasus è un malware che può infettare smartphone Android e iPhone consentendo di estrarre email, chat, immagini, oltre che di registrare telefonate e accendere in qualsiasi momento i microfoni e le fotocamere. L’azienda che lo produce sostiene di venderlo solo alle forze dell’ordine e alle agenzie di intelligence per combattere il terrorismo o altre minacce alla sicurezza di uno Stato. Più volte negli ultimi anni questo software è stato però al centro di accuse per i suoi utilizzi.
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L’indagine è iniziata dopo che è trapelata una lista di 50.000 numeri di persone potenzialmente spiate tramite Pegasus grazie all’organizzazione no profit di giornalismo parigina Forbidden Stories e da Amnesty International. Queste persone erano ritenute di interesse per i clienti di Nso. I dieci clienti principali di Nso secondo l’inchiesta sarebbero Azerbaijan, Bahrain, Kazakistan, Messico, Marocco, Ruanda, Arabia Saudita, Ungheria, India, ed Emirati Arabi Uniti.

Le analisi forensi su un campione di telefoni di persone che comparivano in questa lista hanno dimostrato che più della metà dei telefoni – 37 su 67 – presentavano le tracce del malware Pegasus.

Sulla lista di potenziali osservati tramite spyware ci sono 180 giornalisti di media internazionali come Agence France Presse, Cnn, New York Times, Al Jazeera e molti altri. I numeri includono anche due donne vicine al giornalista saudita assassinato Jamal Khashoggi e un giornalista messicano di nome Cecilio Pineda Birto, ucciso nel suo Paese nel 2017.

L’elenco comprende anche capi di stato e di governo, membri di famiglie reali arabe e dirigenti d’azienda. Tra i governi sospettati di aver hackerato i telefoni di giornalisti investigativi, c’è quello ungherese di Viktor Orban.

L’azienda che produce Pegasus, Nso, ha negato le gravi accuse, sostenendo che le rivelazioni di ieri siano “piene di ipotesi errate e teorie non corroborate che sollevano seri dubbi sull’affidabilità e gli interessi delle fonti”. Nso ha anche dichiarato che la lista di cui si parla non può contenere numero di persone spiate da Pegasus e ha descritto la cifra di 50.000 come “esagerata”.

Non è la prima volta che lo spyware Pegasus di Nso viene accusato di permettere un’ampia campagna di sorveglianza. Tra luglio e agosto 2020, l’organizzazione di ricerca Citizen Lab ha scoperto che 36 telefoni appartenenti a giornalisti di Al Jazeera erano stati hackerati utilizzando la tecnologia Pegasus, probabilmente da hacker che lavoravano per i governi del Medio Oriente. Nel 2019, WhatsApp ha citato in giudizio Nso, sostenendo che Pegasus è stato utilizzato per violare gli utenti del servizio di chat crittografato.

Solo due settimane fa Nso ha pubblicato il suo primo rapporto sulla trasparenza che dettaglia le politiche e gli impegni in materia di diritti umani. Amnesty aveva liquidato il documento di 32 pagine definendolo un “opuscolo di vendita”.

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