Wired Italia Google ci ha raccontato il suo algoritmo del futuro

  • Autore discussione Federico Gennari Santori
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(foto: Solen Feyissa/Unsplash)

Sui vaccini anti-Covid, lo sappiamo, c’è stata e c’è tuttora una certa confusione. Dosi, fasce d’età, effetti collaterali, Perfino i nomi non hanno messo d’accordo tutti. Del resto sembra che nel mondo esistano oltre 800 modi diversi per chiamare appena una decina di vaccini distribuiti su larga scala. La stima viene da chi, insieme ai medici, più di ogni altro si è trovato ai piedi di questa torre di Babele: Google. Con un’urgenza senza precedenti nella storia di internet, la pandemia ha posto la necessità di identificare tutte le parole e le concatenazioni possibili riferite al coronavirus per fornire tempestivamente informazioni utili e affidabili. Una sfida inedita, che ha permesso al motore di ricerca mettersi alla prova e perfezionarsi.

Quegli 800 nominativi attribuiti ai vaccini e cercati online da milioni di utenti sono stati scovati in pochi secondi, setacciando più di 50 lingue, e poi collegati a risposte provenienti da fonti sanitarie o istituzionali”. Così Pandu Nayak, responsabile dell’area Search di Google, ci introduce la sua nuova creatura: il Multitask Unified Model (Mum), ultimo stadio raggiunto dall’azienda californiana nella comprensione del linguaggio. Nayak è prudente, ma Mum ci dà forse un primo segnale concreto di come Google stia lavorando per raggiungere quello che da anni si immagina essere il suo obiettivo: un motore di ricerca che non sia un campo testuale da riempire, ma un’intelligenza artificiale con cui dialogare in più modi.

Presentato alla conferenza I/O di Google lo scorso giugno, “Mum è un algoritmo mille volte più performante del suo predecessore Bert (Bidirectional Encoder Representations from Transformers)”, continua Nayak, e porta con se tre novità fondamentali. Come abbiamo visto nel caso dei vaccini, supera le barriere linguistiche, cercando risultati in 75 lingue e traducendoli in conformità con la query dell’utente. Introduce la multimodalità di formato, nel senso che capisce come mettere in relazione immagini, testi e audio. Infine sarà in grado di comprendere domande complesse e di fornire risposte articolate in ottica predittiva. Come? Ebbene, “Mum non soltanto comprende il linguaggio, lo genera”. Una frase lasciata tra le righe da Nayak, eppure una delle più importanti che ha pronunciato durante il nostro incontro.

Per capirci, se fotografiamo delle scarpe e chiediamo se sono adatte a un certo scopo, Mum contestualizzerà ciò che gli abbiamo mostrato rispetto alla domanda per mostrarci i risultati giuste. Con una query relativa a un luogo lontano, per esempio il monte Fuji, le pagine nella nostra lingua potrebbero scarseggiare e Mum andrà a cercare direttamente tra fonti giapponesi per trasmettere, tradotte, le informazioni richieste. Ancora, nel caso di una domanda complessa, come il confronto tra due oggetti, Mum la capirà dando indicazioni e consigli pertinenti. Quando sarà rilasciato, Mr. Nayak? “Da definire”. Sorriso.

Comunque arriverà e, a parte i dettagli che abbiamo già raccontato su Wired, per come ce lo racconta il suo creatore, il nuovo algoritmo rappresenta una transizione pressocché definitiva: non più risposte fornite in base alla corrispondenza esatta tra le parole usate dagli utenti e quelle presenti nelle pagine web, ma guidate dall’interpretazione delle domande e da un’elaborazione che non soltanto restituisce le fonti ma attinge da esse. Per un motore di ricerca semantico, intelligente e, prima o poi, conversazionale. E’ questo, in prospettiva, il senso della frase di Pandu Nayak. Breve e sibillina come la risposta che di dà quando gli chiediamo se è prevista una declinazione audio di Mum: “Abbiamo diversi progetti relativi a Google Assistant”.

Mum, in effetti, si configura come il sistema che mette per la prima volta in relazione alcuni strumenti attivati negli ultimi anni da Google. E’ l’ultima evoluzione del motore di ricerca e della Serp, la pagina dei risultati di Google. Includerà Google Assistant, lanciato nel 2016 e anticipato dalla ricerca vocale – parola di Nayak. Supporta le funzionalità di uno strumento rivoluzionario e poco noto: Lens, capace di fornirci risposte in base non a ciò che scriviamo sulla barra di Google ma a ciò che inquadriamo con la fotocamera dello smartphone. Mum, insomma, è un’integrazione inedita, con capacità di calcolo già estremamente potenziate rispetto al passato. Un embrione dell’intelligenza artificiale alla quale, allo stesso tempo, parleremo, manderemo messaggi via chat e mostreremo oggetti, pronti a ricevere l’informazione o il consiglio di cui abbiamo bisogno.

Tutto questo un domani. Oggi il motore di ricerca non è in grado di cogliere il senso di tutto ciò che scriviamo e Google Assistant fa spesso cilecca. Senza andare troppo lontano, per il momento possiamo preoccuparci di come Mum impatterà sui criteri che stabiliscono il ranking delle pagine e regolano la visibilità dei risultati che appaiono nella Serp. Secondo John Muller, Search Advocate di Google, gli esperti di Seo (Sarch Engine Optimization) continueranno ad avere pane per i loro denti: “Semplicemente le cose evolvono”. C’è da chiedersi, però, se la capacità di Mum di “generare linguaggio” non tolga traffico ai siti web. In parte avviene già ed è lecito pensare che le sue capacità possano peggiorare le cose. Pensiamoci: se le risposte alle query sono estratte da una pagina, tipo quelle di Wikipedia, o scritte direttamente da Google e mostrate in bella vista, perché un utente dovrebbe cliccare per ottenere quelle stesse informazioni o andare avanti con lo scrolling?

È bene chiarire che ci sono molti modi di generare lunguaggio”, ci spiega Pandu Nayak. “Mum non darà risposte in automatico, a meno che non siano molto sintetiche e relative a domande semplici, come nel caso del meteo di oggi o del nome della capitale di un paese. Per domande più complesse delle risposte così semplici sono insufficienti. Il nostro obiettivo è offrire la miglior esperienza all’utente e fargli trovare ciò che cerca a seconda dei suoi bisogni”. Non è negli interessi di Google oscurare i siti web, almeno per il momento. In futuro però, con un motore di ricerca conversazionale e intelligente, le cose potrebbero cambiare e, insieme al punto di vista di chi crea i contenuti, c’è quello di chi li fruisce. Via audio o via chat non si possono fornire insieme le innumerevoli risposte che arrivano per iscritto. Dunque, come per i siti diminuirebbe la probabilità di essere ‘visti’ dagli utenti, per questi si ridurrebbero i margini di scelta. Entrambi si affiderebbero, ancor più di adesso, alle decisioni dell’algoritmo. Che potrebbe anche offrire risultati provenienti da siti che non sono più meritevoli, e quindi meglio posizionati nel ranking, ma semplicemente paganti.

Forse in futuro, appunto. Ma con Mum, a sentire Nayak, le cose andranno diversamente. Sulla pubblicità non ha molto da dirci, non è il suo campo: “Noi ci occupiamo di linguaggio, non di ads. Posso solo supporre che la divisione incaricata farà quel che può e deve per monetizzare questo nuovo prodotto”. E sulla questione della cosiddetta one-right-answer, per cui le prestazioni del motore di ricerca portate in ambito conversazionale tolgono traffico ai siti e autonomia agli utenti? “Non ci interessa sostituirci a chi crea contenuti. Anzi, lo scopo è metterli in collegamento con le persone, alle quali vogliamo continuare a offrire molteplici possibilità, anche di scelta. Si tratta di mostrare la parte del web che è rilevante rispetto a infinite possibili domande e alle sfumature del linguaggio, da comprendere in maniera sempre più fedele”. Appuntamento al rilascio di Mum. E a quando, tra qualche anno, il motore di ricerca sarà definitivamente uscito dal nostro display.

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