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Attualità - Internet
Perché Wikipedia è finita al centro delle mire della Cina su Taiwan
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<blockquote data-quote="Lorenzo Lamperti" data-source="post: 430"><p><img src="https://images.wired.it/wp-content/uploads/2021/09/16173912/GettyImages-1230665866.jpg" alt="Wikipedia" class="fr-fic fr-dii fr-draggable " style="" /></p><p>Foto: Ercin Erturk/Anadolu Agency via Getty Images</p><p></p><p>Ricomincia la battaglia virtuale tra <strong>Cina</strong> e la <strong>Wikimedia Foundation</strong>, che sovrintende l’enciclopedia digitale <strong>Wikipedia</strong>. L’ingresso della fondazione come osservatore presso l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (World intellectual property organization, <strong>Wipo</strong>) è stato bloccato. E Wikimedia sostiene che sia avvenuto per colpa della Cina. Non è la prima volta. Già in passato la Repubblica popolare cinese aveva detto no alla candidatura.</p><p></p><p>Era accaduto per l’esattezza nel <strong>gennaio 2020</strong>, quando era stato “<em>l’unico paese a opporsi ufficialmente</em>“, si legge in una nota di Wikimedia Italia, che sottolinea come diversi stati membri di Wipo, tra cui<strong> Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone, Israele, Svizzera, Turchia, Regno Unito, Santa Sede</strong> e svariati paesi dell’Unione europea avessero espresso il loro supporto. Ma per accettare la candidatura il voto deve essere unanime.</p><p></p><h3 style="text-align: justify">Il caso Taiwan</h3><p></p><p>Wikimedia sostiene che le motivazioni presentate dalla Cina “<em>consistono nell’insinuare che i progetti collegati a Wikipedia contengono una gran quantità di contenuti errati e favoriscono disinformazione in merito alla politica dello</em> <strong>One-China-principle</strong>“, ossia sui rapporti tra<strong> Pechino e Taiwan</strong>. Accuse sempre respinte dalla fondazione. In particolare, già nel 2020 le attenzioni di Pechino si erano concentrate sul capitolo taiwanese di Wikimedia, guidato come accade altrove da volontari indipendenti. La Repubblica popolare cinese ritiene <strong>Taiwan</strong> (o Repubblica di Cina) parte del suo territorio e la considera una “<strong>provincia ribelle</strong>“.</p><p></p><p>La sua indipendenza de facto, riconosciuta da solo 15 paesi al mondo (nessun europeo tranne la Santa Sede), resta una ferita aperta per Pechino e una spina nel fianco per il Partito comunista, che mira alla riunificazione <strong>entro il 2049</strong>, centenario della fondazione della Repubblica popolare dopo la vittoria nella guerra civile che portò i nazionalisti del Guomindang a rifugiarsi proprio a Taiwan. Ma l’attenzione intorno alle sorti di Taipei, così come le pressioni militari dell’esercito popolare di liberazione attorno allo Stretto, si stanno alzando sempre di più di recente. Dopo la<a href="https://www.wired.it/topic/hong-kong/" target="_blank"> stretta su<strong> Hong Kong</strong></a>, il prossimo obiettivo nel percorso di “ringiovanimento nazionale” è quello di sistemare in un modo o nell’altro la questione taiwanese.</p><p></p><p>Oltre alle <strong>manovre militari</strong>, che includono le incursioni nello <strong>spazio di identificazione di difesa aerea</strong> (la cui esistenza non è riconosciuta da Pechino), ci sono anche quelle diplomatiche e coercitive nelle relazioni con paesi terzi, istituzioni e organizzazioni. Come è appunto il caso di Wikimedia. D’altronde, <a href="https://www.wired.it/internet/regole/2020/12/09/cina-internet-regole-new-ip-5g-stati-uniti/" target="_blank">il ruolo della Cina sulla scena globale è cresciuto in modo esponenziale</a> negli ultimi decenni. Non solo a livello economico e commerciale, ma anche a livello geopolitico, con evidenti riflessi nel suo peso all’interno delle organizzazioni internazionali. E ora Pechino vuole che la sua storia sia “<strong>raccontata bene</strong>” e che dunque anche le informazioni o le denominazioni seguano la sua narrazione o quella che comunque essa considera “la verità”.</p><p></p><h3 style="text-align: justify">Gelo storico</h3><p></p><p>Ma che i rapporti tra la Cina e la proprietaria di Wikipedia non fossero idilliaci lo si sapeva anche al di là dell’aspetto taiwanese. Solo poche settimane fa l’enciclopedia libera più grande del mondo ha <a href="https://www.wired.it/internet/web/2021/09/16/wikipedia-denuncia-infiltrazioni-filo-cinesi-tra-i-suoi-moderatori/" target="_blank"><strong>espulso sette moderatori</strong></a> legati al gruppo Wikimedians of mainland China (che conta circa 300 membri) con l’accusa di <strong>controllare le informazioni negli interessi cinesi</strong>. Un’accusa che la fondazione aveva chiarito non essere rivolta allo stato cinese, ma solo agli individui coinvolti nell’inchiesta interna, i quali hanno risposto parlando di “<em>calunnie senza fondamento</em>“.</p><p></p><p>Wipo si occupa di sviluppare trattati internazionali su <strong>copyright</strong>, brevetti e marchi commerciali. Attività che possono anche avere un impatto sulla capacità di fornire informazioni in maniera libera in diverse lingue in formato digitale, come attualmente fa Wikipedia per centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo. “<em>La nostra esclusione crea un precedente preoccupante per altre organizzazioni, con o senza scopo di lucro, che si impegnano per promuovere l’accesso all’informazione, alla cultura e all’educazione – </em>ha dichiarato Amanda Keaton, consigliera generale della Wikimedia Foundation -. <em>Rinnoviamo il nostro appello ai membri di Wipo, Cina compresa, ad approvare la nostra candidatura</em>“.</p><p></p><p>“<em>Lavoriamo tutti i giorni per avvicinare il copyright ai bisogni di tutte le persone, quelle stesse che cercano informazioni su Wikipedia e partecipano a scriverla e migliorarla. Ci rattrista che<strong> Wikimedia Foundation non possa unirsi</strong> ufficialmente al gruppo di osservatori che presso Wipo tutela l’interesse generale della conoscenza libera</em>“, ha detto invece Iolanda Pensa, presidente di Wikimedia Italia. La fondazione ha già detto che ci riproverà nel <strong>2022</strong>, ma con queste premesse trovare una sintesi con Pechino non sarà semplice.</p><p></p><p>The post <a href="https://www.wired.it/internet/web/2021/10/08/wikipedia-cina-taiwan/" target="_blank">Perché Wikipedia è finita al centro delle mire della Cina su Taiwan</a> appeared first on <a href="https://www.wired.it" target="_blank">Wired</a>.</p><p></p><p><a href="https://www.wired.it/internet/web/2021/10/08/wikipedia-cina-taiwan/" target="_blank">Link originale...</a></p></blockquote><p></p>
[QUOTE="Lorenzo Lamperti, post: 430"] [IMG alt="Wikipedia"]https://images.wired.it/wp-content/uploads/2021/09/16173912/GettyImages-1230665866.jpg[/IMG] Foto: Ercin Erturk/Anadolu Agency via Getty Images Ricomincia la battaglia virtuale tra [B]Cina[/B] e la [B]Wikimedia Foundation[/B], che sovrintende l’enciclopedia digitale [B]Wikipedia[/B]. L’ingresso della fondazione come osservatore presso l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (World intellectual property organization, [B]Wipo[/B]) è stato bloccato. E Wikimedia sostiene che sia avvenuto per colpa della Cina. Non è la prima volta. Già in passato la Repubblica popolare cinese aveva detto no alla candidatura. Era accaduto per l’esattezza nel [B]gennaio 2020[/B], quando era stato “[I]l’unico paese a opporsi ufficialmente[/I]“, si legge in una nota di Wikimedia Italia, che sottolinea come diversi stati membri di Wipo, tra cui[B] Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone, Israele, Svizzera, Turchia, Regno Unito, Santa Sede[/B] e svariati paesi dell’Unione europea avessero espresso il loro supporto. Ma per accettare la candidatura il voto deve essere unanime. [HEADING=2][JUSTIFY]Il caso Taiwan[/JUSTIFY][/HEADING] Wikimedia sostiene che le motivazioni presentate dalla Cina “[I]consistono nell’insinuare che i progetti collegati a Wikipedia contengono una gran quantità di contenuti errati e favoriscono disinformazione in merito alla politica dello[/I] [B]One-China-principle[/B]“, ossia sui rapporti tra[B] Pechino e Taiwan[/B]. Accuse sempre respinte dalla fondazione. In particolare, già nel 2020 le attenzioni di Pechino si erano concentrate sul capitolo taiwanese di Wikimedia, guidato come accade altrove da volontari indipendenti. La Repubblica popolare cinese ritiene [B]Taiwan[/B] (o Repubblica di Cina) parte del suo territorio e la considera una “[B]provincia ribelle[/B]“. La sua indipendenza de facto, riconosciuta da solo 15 paesi al mondo (nessun europeo tranne la Santa Sede), resta una ferita aperta per Pechino e una spina nel fianco per il Partito comunista, che mira alla riunificazione [B]entro il 2049[/B], centenario della fondazione della Repubblica popolare dopo la vittoria nella guerra civile che portò i nazionalisti del Guomindang a rifugiarsi proprio a Taiwan. Ma l’attenzione intorno alle sorti di Taipei, così come le pressioni militari dell’esercito popolare di liberazione attorno allo Stretto, si stanno alzando sempre di più di recente. Dopo la[URL='https://www.wired.it/topic/hong-kong/'] stretta su[B] Hong Kong[/B][/URL], il prossimo obiettivo nel percorso di “ringiovanimento nazionale” è quello di sistemare in un modo o nell’altro la questione taiwanese. Oltre alle [B]manovre militari[/B], che includono le incursioni nello [B]spazio di identificazione di difesa aerea[/B] (la cui esistenza non è riconosciuta da Pechino), ci sono anche quelle diplomatiche e coercitive nelle relazioni con paesi terzi, istituzioni e organizzazioni. Come è appunto il caso di Wikimedia. D’altronde, [URL='https://www.wired.it/internet/regole/2020/12/09/cina-internet-regole-new-ip-5g-stati-uniti/']il ruolo della Cina sulla scena globale è cresciuto in modo esponenziale[/URL] negli ultimi decenni. Non solo a livello economico e commerciale, ma anche a livello geopolitico, con evidenti riflessi nel suo peso all’interno delle organizzazioni internazionali. E ora Pechino vuole che la sua storia sia “[B]raccontata bene[/B]” e che dunque anche le informazioni o le denominazioni seguano la sua narrazione o quella che comunque essa considera “la verità”. [HEADING=2][JUSTIFY]Gelo storico[/JUSTIFY][/HEADING] Ma che i rapporti tra la Cina e la proprietaria di Wikipedia non fossero idilliaci lo si sapeva anche al di là dell’aspetto taiwanese. Solo poche settimane fa l’enciclopedia libera più grande del mondo ha [URL='https://www.wired.it/internet/web/2021/09/16/wikipedia-denuncia-infiltrazioni-filo-cinesi-tra-i-suoi-moderatori/'][B]espulso sette moderatori[/B][/URL] legati al gruppo Wikimedians of mainland China (che conta circa 300 membri) con l’accusa di [B]controllare le informazioni negli interessi cinesi[/B]. Un’accusa che la fondazione aveva chiarito non essere rivolta allo stato cinese, ma solo agli individui coinvolti nell’inchiesta interna, i quali hanno risposto parlando di “[I]calunnie senza fondamento[/I]“. Wipo si occupa di sviluppare trattati internazionali su [B]copyright[/B], brevetti e marchi commerciali. Attività che possono anche avere un impatto sulla capacità di fornire informazioni in maniera libera in diverse lingue in formato digitale, come attualmente fa Wikipedia per centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo. “[I]La nostra esclusione crea un precedente preoccupante per altre organizzazioni, con o senza scopo di lucro, che si impegnano per promuovere l’accesso all’informazione, alla cultura e all’educazione – [/I]ha dichiarato Amanda Keaton, consigliera generale della Wikimedia Foundation -. [I]Rinnoviamo il nostro appello ai membri di Wipo, Cina compresa, ad approvare la nostra candidatura[/I]“. “[I]Lavoriamo tutti i giorni per avvicinare il copyright ai bisogni di tutte le persone, quelle stesse che cercano informazioni su Wikipedia e partecipano a scriverla e migliorarla. Ci rattrista che[B] Wikimedia Foundation non possa unirsi[/B] ufficialmente al gruppo di osservatori che presso Wipo tutela l’interesse generale della conoscenza libera[/I]“, ha detto invece Iolanda Pensa, presidente di Wikimedia Italia. La fondazione ha già detto che ci riproverà nel [B]2022[/B], ma con queste premesse trovare una sintesi con Pechino non sarà semplice. The post [URL='https://www.wired.it/internet/web/2021/10/08/wikipedia-cina-taiwan/']Perché Wikipedia è finita al centro delle mire della Cina su Taiwan[/URL] appeared first on [URL='https://www.wired.it']Wired[/URL]. [url="https://www.wired.it/internet/web/2021/10/08/wikipedia-cina-taiwan/"]Link originale...[/url] [/QUOTE]
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