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Il governo di Cuba sta reprimendo le più grandi proteste che hanno scosso l’isola caraibica da trent’anni, ma non solo con le forze dell’ordine per le strade. Secondo NetBlocks, un’organizzazione con sede a Londra che monitora l’accesso alla rete nel mondo, Facebook, Instagram, WhatsApp e Telegram sono stati tutti almeno parzialmente bloccati a Cuba da lunedì.
Le manifestazioni che hanno interessato da domenica la capitale Avana e altri paesi dell’isola sono iniziate spontaneamente ma poi si sono ingrandite grazie ai social. Le persone scese in piazza hanno protestato contro il governo per la grave crisi economica nel Paese, causata anche della pandemia di covid-19, che è ancora a un livello di allerta a Cuba. Negli scontri di lunedì a La Guinera tra la polizia e i manifestanti un uomo e morto, mentre diversi altri sono stati feriti. Dalle stime di Amnesty International 140 cubani sarebbero stati arrestati in questi giorni.
Le interruzioni della connessione a internet hanno iniziato a essere segnalate dalla sera di domenica, quando era già abbastanza chiaro che i social avessero avuto un ruolo importante nel fornire una piattaforma al dissenso contro il governo comunista. Il blocco parziale di internet è continuato anche lunedì e martedì.
“Il modello di restrizioni osservato a Cuba indica un giro di vite in corso sulle piattaforme di messaggistica utilizzate per organizzare e condividere notizie di proteste in tempo reale”, ha affermato il direttore di NetBlocks Alp Toker. “Allo stesso tempo, una parte della connettività viene preservata per mantenere una parvenza di normalità”. Facebook ieri si è detto preoccupato per la limitazione dei suoi servizi nell’isola.
Confirmed: Social media and messaging platforms restricted in #Cuba from Monday on state-run internet provider ETECSA; real-time network data corroborate reports of internet disruptions amid widening anti-government protests; incident ongoing#CubaSOS
https://t.co/7eGwPS1Mqf pic.twitter.com/kY3G1qMAse
— NetBlocks (@netblocks) July 12, 2021
Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha invitato il governo dell’Avana a riaprire tutti i mezzi di comunicazione, sia online che offline. Chiudere i canali di informazione “non fa nulla per soddisfare i bisogni e le aspirazioni legittime del popolo cubano”, ha detto ieri Price in una conferenza stampa.
Internet è disponibile a Cuba solo dalla fine del 2018 ed è gestito dall’impresa statale di telecomunicazioni Etecsa. All’epoca, il presidente cubano Miguel Diaz-Canel, del quale oggi manifestanti chiedono le dimissioni, aveva affermato che un maggiore accesso a internet avrebbe aiutato i cubani a “difendere la loro rivoluzione”.
L’ultima volta che Cuba ha chiuso internet è stato nel novembre dello scorso anno quando centinaia di persone hanno protestato davanti al ministero della Cultura, chiedere maggiore libertà. Bloccare l’accesso alla rete, in diversi modi, è ormai una prassi in molti paesi con governi più o meno autoritari, per togliere la voce ai contestatori e reprimere il dissenso.
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