Wired Italia Secondo uno studio, più di 500 siti web fanno affari d’oro con le fake news

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(foto: Sopa Images/Getty Images)

Dati recenti e concordanti mostrano che la disinformazione sui social network genera di per sé più engagement della maggior parte delle notizie accurate e verificate. Su Facebook, per esempio, notizie false o tendenziose ricevono sei volte più mi piace, condivisioni e interazioni rispetto alle notizie affidabili, come emerge da una ricerca della New York University e dell’Università francese di Grenoble Alpes. Non bastasse questo, la notizia preoccupante è che con le fake news si guadagna, e molto.

Secondo un rapporto di NewsGuard, un’organizzazione che monitora tramite un team di giornalisti la disinformazione online, sono 519 i siti – tra i 6.730 domini monitorati tra Europa e Stati Uniti – a diffondere regolarmente bufale o notizie infondate soprattutto su covid e vaccini. Questo significa che il 7% dei siti di notizie più seguiti pubblica sull’argomento contenuti dannosi. Tra questi siti ce ne sono 41 anche in Italia, anche se la maggioranza si trova negli Usa.

Lo studio mostra che questi siti guadagnano molti soldi con la pubblicità che ospitano, generando un cortocircuito informativo per cui la disinformazione finanzia altra disinformazione, inquinando il dibattito pubblico. L’analisi è stata condotta combinando i 7.500 siti il cui traffico e le cui spese pubblicitarie sono misurate da Comscore, e i siti di notizie valutati da NewsGuard. Le due organizzazioni hanno stimato che l’1,68% della spesa per la pubblicità programmatica nei 7.500 domini del campione è andata a siti che pubblicano disinformazione.

Considerando i 155 miliardi di dollari della spesa mondiale della pubblicità automatizzata che finisce sui siti web, chi pubblica fake news ricava 2,6 miliardi di dollari all’anno. “Centinaia di questi milioni di dollari finanziano la diffusione di affermazioni false sulla salute, bufale sui vaccini, disinformazione elettorale, propaganda e notizie false”, sintetizza NewsGuard.

La disinformazione sul web è finanziata anche dai maggiori inserzionisti pubblicitari anche se in modo involontario. La pubblicità programmatica, infatti, è un processo che non offre informazioni chiare e complete alle aziende su dove esattamente compaiano le loro pubblicità e di conseguenza su quale tipo di informazioni stiano finanziando. Le piattaforme si limitano a incrociare domanda e offerta.

Le fake news più finanziate​


Che tipo di notizie false sta finanziando maggiormente la pubblicità? Dal report emerge che le 50 bufale più diffuse riguardano i temi più sensibili in questo momento: covid-19 e i vaccini. È paradossale scoprire poi che tra 4.000 noti marchi che hanno finanziato con i loro annunci siti che promuovono disinformazione su covid 19 sono inclusi produttori di vaccini, reti ospedaliere e perfino i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie americani.

Per evitare questo circolo vizioso che non fa altro che aumentare la diffidenza verso la vaccinazione e la pericolosità della pandemia, NewsGuard propone anche un paio di soluzioni, ammettendo però che non esiste una “bacchetta magica” per fare sparire il problema.

Secondo l’organizzazione, le aziende dovrebbero servirsi di più dell’intelligenza umana e meno di quella artificiale nel campo pubblicitario. NewsGuard sta usando questa strategia con alcuni brand fornendo una lista di esclusione di siti inaffidabili, dando la possibilità agli inserzionisti di collaborare con le loro agenzie pubblicitarie e le piattaforme dedicate per tenere la loro pubblicità lontano da questi siti. NewsGuard offre inoltre delle liste di siti d’informazione che ritiene di qualità e affidabili e che gli inserzionisti possono usare per raggiungere il loro pubblico di riferimento

Non finanziare le notizie pseudoscientifiche e le bufale online è necessario perché non prosperino. Le notizie false hanno un costo molto ridotto e possono competere in termini di engagement ed introiti con organizzazioni giornalistiche che spendono significativamente di più per produrre contenuti accurati e di qualità. Per questo “ogni dollaro speso in pubblicità che va a siti di disinformazione – scrive NewsGuard – contribuisce molto più alla produzione di notizie false di quanto un dollaro speso in pubblicità che va a media credibili”.

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