Wired Italia I blackout di internet decisi dai governi aumentano a un ritmo preoccupante

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Foto: Dean Mouhtaropoulos/Getty Images

Spegnere internet per cercare di soffocare o prevenire il dissenso è diventato via via più normale per i governi tanto che diversi milioni di persone in tutto il mondo hanno vissuto quasi 850 blackout nell’ultimo decennio.

La stima è frutto dello Shutdown tracker optimization project (Stop) della no profit Access Now ed è riportato in The Current, un recente report online del think tank di Google Jigsaw, con la collaborazione anche di #KeepItOn, una colazione di organizzazioni che monitorano l’accesso a internet nel mondo. La pubblicazione, oltre a fare la storia dei blackout di rete ed elencare i numeri di questa minaccia cerca anche di capire ragioni e modalità e di tracciare metodi di resistenza.

Secondo Access Now 768 delle 850 interruzioni stimate si sono verificate negli ultimi cinque anni. Ce ne sono state 213 nel solo 2019, una cifra che è scesa a 155 nel 2020, l’anno della pandemia di Covid-19. Già nei primi cinque mesi del 2021 sono stati registrati stati 50 blocchi della rete in 21 paesi, come quelli decisi dal governo etiope impegnato in una guerra civile e dalla giunta del Myanmar, che ha preso il potere con un golpe a febbraio.

Il primo blackout di internet provocato intenzionalmente dalle autorità risalirebbe al 2007 e sarebbe stato opera del presidente della Guinea Lansana Conté. Nel 2011, quando le primavere arabe scuotono il Medio oriente e il nord Africa, l’Egitto di Hosni Mubarak è il primo Paese a rimanere quasi totalmente disconnesso per cinque giorni.

Da lì in poi spegnere internet è diventato una soluzione usata da molti governi più o meno autoritari e repressivi per limitare le denunce di abusi, la libera circolazione di notizie o isolare una certa parte della popolazione. È successo di recente in India come in Iran, oltre che in diversi Paesi africani e spesso in concomitanza di elezioni.

“Visto che le persone trascorrono la maggior parte della loro vita online, la capacità di un governo di bloccare efficacemente l’accesso al resto del mondo rappresenta una seria minaccia per la sicurezza, la libertà e il benessere delle persone”, ha denunciato Scott Carpenter, direttore delle politiche e dell’impegno internazionale di Jigsaw.

I metodi per bloccare l’accesso degli utenti alla rete sono diversi tra cui il rallentamento della velocità dei servizi internet (throttling), il blocco dei fornitori di rete, la deep packet inspection (il controllo del contenuto di pacchetti di dati). Nella pratica, si legge nel rapporto, i governi spesso bloccano la rete utilizzando “una combinazione di queste tattiche” e i blocchi stessi “sono spesso dinamici, passando da arresti parziali che interessano solo alcuni siti e servizi a blackout totali”.

I blackout costano anche miliardi all’economia globale. In Myanmar, dove le chiusure sono state più prolungate e gravi, la perdita economica è stimata in 2,1 miliardi di dollari, oltre il 2,5 per cento del Pil nazionale.

Gli arresti arbitrari di internet sono stati denunciati in questi anni ai più alti livelli, ma senza troppi risultati. Il metodo migliore per combattere gli arresti di internet sembra ancora tecnologico. Le vpn e i proxy consentono agli utenti bypassare i blocchi instradando il traffico di dati attraverso un altro paese. Anche le app di rete mesh possono connettersi direttamente da un dispositivo all’altro, fornendo funzionalità di messaggistica di base in modo che, almeno, non cali il silenzio.

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